PER CAMBIARE OCCORRE ESSERE ‘PRONTI’ A FARLO

Sono convinta che se al termine di una sessione di coaching, un coachee dichiara il suo impegno nel realizzare un’azione importante nella direzione di un cambiamento significativo (es. cambiare casa, lasciare la propria azienda, il proprio partner etc.), ciò non sia solo frutto della sessione in sé quanto anche di un processo di cambiamento, pur se in nuce e/o inconsapevole del coachee, già in atto e precedente all’incontro.

Mi spiego meglio.

Mettiamo il caso avessimo deciso di correre la nostra prima maratona: 42 km. Siamo arrivati alle soglie del famoso muro dei 30 km. Siamo stanchi, sentiamo di non farcela. Stiamo per mollare. A quel punto l’incoraggiamento di un compagno podista, più o meno sconosciuto, può fare la differenza.

Può. Perché non è detto che la faccia.

Dal mio punto di vista, infatti, a fare la differenza non è solo chi, come o cosa ci dirà quanto innanzitutto il fatto di essere noi stessi, in quel preciso istante, predisposti o meno a cambiare atteggiamento mentale, a vedere la situazione in modo diverso: dalla presenza di un problema al desiderio di affrontare una sfida, dal pensare di non potercela fare al pensare di avere ancora risorse sufficienti per completare la gara. E si sa, anche nella corsa, le gambe vanno dove “corre” la testa…

Ecco credo che nel coaching spesso accada la stessa cosa.

Quando chiedo ad un coachee “in quale altro modo puoi vedere questa situazione per sentirti ed agire diversamente?”, oppure “alla luce di quanto hai fatto finora per raggiungere il tuo obiettivo e dei risultati conseguiti, cosa puoi fare di diverso?”, compaiono grossomodo tre possibili risposte. Nella prima il coachee continua a dichiarare la sua impossibilità a vedere delle alternative; nella seconda è subito pronto a fornire altre valide prospettive; infine, nella terza, compare un silenzio iniziale seguito da un pensare ad alta voce più o meno confuso, che via, quasi con timore, prende forma e significato. E’ in quest’ultimo caso, a mio parere, che nel coachee si è affacciata una prospettiva davvero “nuova”, impensata fino a quel momento, e proprio per questo rappresentativa e portatrice di un cambiamento autentico. E’ dal quel più o meno breve silenzio – che alcuni coachee verbalizzano anche con un “non ci avevo mai pensato” oppure “non l’avevo mai vista in questo modo” – che nasce davvero l’impegno a compiere i primi passi verso una qualche forma di cambiamento.

Come accennavo all’inizio, credo che ciò possa accadere solo grazie anche ad una certa predisposizione interna del coachee precedente all’inizio della sessione. In questo senso un coach è promotore di un cambiamento in quanto “persona giusta, al momento giusto, che dice la cosa giusta”. Quante volte, infatti, anche nella vita personale, capita che un amico o un’amica ci ripetano sempre le stesse frasi con l’intenzione di aiutarci ad uscire o a cambiare una situazione difficile. Eppure non succede nulla. Poi magari a distanza di settimane, mesi, ahimè anche anni, arriva qualcun altro, magari anche uno sconosciuto incontrato in aereo, che ripetendoci le stesse parole, fa scattare un “click” dentro di noi, e all’improvviso, quasi per caso – ma appunto un caso non è – vediamo e tocchiamo con mano la possibilità di un modo nuovo di pensare o agire e poi, tornati a casa, compiamo quel gesto.

Va da sé che il coach per esperienza e formazione professionale ha – o almeno dovrebbe avere – degli strumenti in più per definire nel modo più efficace possibile cosa, come e quando offrire alcuni feedback o porre certe domande. Eppure possiamo avere a disposizione anche il coach migliore del mondo ma se, pur dichiarandoci intenzionati a cambiare o a migliorare una data situazione, di fatto, dentro di noi, non siamo “pronti” a farlo, allora la sessione si concluderà con un nulla di fatto o peggio ancora con un falso impegno verso il cambiamento.

Perché cambiare non è facile. Eppure possibile. E solo se, a prescindere dal tipo di cambiamento cui aspiriamo, abbiamo davvero ‘scelto’ di compiere quel passo e siamo consapevoli e ‘pronti’ anche ad affrontare la ‘perdita’ di tutto ciò che avevamo ed eravamo fino a quel momento.

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