OKR: UN PONTE TRA AMBIZIONE E REALIZZAZIONE 

Qualche settimana fa ho avuto il piacere di intervistare Federico Bechini – HR consultant con esperienza in ambito dati e HR innovation –  sul tema OKR. Se vuoi capire meglio cosa sono, come funzionano, come scriverli e implementarli, sei nel posto giusto. Leggi l’intervista.

G.: Ciao Federico, innanzitutto grazie mille per questa intervista. Come sai, mi piace partire sempre dal “perché”, quindi dal perché siamo qui oggi. Se sei d’accordo direi, per fare un po’ di chiarezza e dare qualche consiglio a chi vuole sperimentare gli OKR in azienda. Sono certa che negli anni tu abbia messo a punto una definizione, sperimentata sul campo, che usi per spiegare alle persone con cui lavori cosa sono e come funzionano. Raccontacela un po’.

F.: Si, certo, direi che gli OKR sono uno strumento che aiuta le aziende e i team a raggiungere obiettivi molto sfidanti e a rimanere focalizzati nel loro perseguimento, a mantenere ben dritta la rotta, a capire se ci sono dei movimenti, durante il tragitto, e a come eventualmente porvi rimedio.  Quando li presento dico sempre che gli OKR sono una specie di post-it sul muro che ti permette di rispondere alle domande “Cosa devo fare?”, “Su cosa dovrei focalizzarmi?”, “Quanto sono lontano dal mio obiettivo?”. Gli Objective sono la meta, ti dicono dove andare mentre i Key Results sono le metriche e ti dicono se ti stai avvicinando, e di solito sono 3 o 5. Una volta definito l’obiettivo, quindi, definiamo i Key Results (KR) e in base ai KR definiamo le azioni da fare, i task.

G.: Mi viene in mente una domanda che forse qualcuno che non conosce affatto gli OKR ti porrebbe: “Ma noi abbiamo già degli obiettivi in azienda. In cosa sono diversi?”

F.: Sicuramente in azienda la maggior parte degli obiettivi vengono calati dall’alto, sono i manager che propongono ai collaboratori gli obiettivi da perseguire. Gli OKR ribaltano un po’ il concetto e l’approccio perché vengono costruiti assieme a tutto il team, è un processo bottom-up che ha quindi anche un mindset completamente differente. Poi, mentre gli obiettivi top-down, definiti dai manager, sono rigidi e hanno un tempo solitamente di circa dodici mesi gli OKR vanno a cicli e hanno come tempo di riferimento tre mesi, alcuni anche due. Per questo aiutano molto di più a mettere a fuoco cosa fare, le azioni e le iniziative da mettere in atto per raggiungerli o correggere il tiro.

G.: Immagina ora di essere contattato da un cliente con una richiesta abbastanza generica che vorrebbe implementare gli OKR nella sua azienda. Quali sono i primi step che compi? Ci sono ruoli o funzioni particolari a cui ti rivolgi per primi?

F.: Nella mia esperienza quello che è davvero fondamentale per far sì che l’esperimento riesca è avere la leadership a bordo, ovvero deve essere un framework adottato da tutta l’azienda perché, come spesso accade, il pesce puzza dalla testa. Se la leadership non è allineata, piuttosto suggerisco di fermarsi immediatamente. In aziende dove si voleva comunque andare avanti, alla fine non avere la leadership a bordo ha portato a tantissima frizione. In più, le persone che sono chiamate a scrivere i loro OKR si domandano: “Ma perché se il CEO o il capo del mio dipartimento non lo fa, lo devo fare io?!”. C’è quindi da fare un vero e proprio lavoro di evangelizzazione. Una volta fatto questo l’approccio deve essere portato avanti anche sui leader cosiddetti informali che riescono a creare delle coalizioni sul tema del cambiamento. Poi, il mio consiglio è sempre quello di partire da un’area circoscritta ovvero con un pilota, vedere come evolve e anche come raccogliere i primi feedback. Anche per l’adozione degli OKR è necessario procedere in modalità customer centrica quindi utente centrica. È importante vedere nei primi sei mesi di pilota cosa ha funzionato e cosa non ha funzionato e parlare con le persone che hanno messo le mani in pasta per capire cosa cambierebbero di questo approccio.

G.: Il portare la leadership a bordo mi ricorda un tema trasversale al cambiamento organizzativo che ha molto a che fare con la comunicazione, con la differenza tra informare le persone di un cambiamento e comunicare con le persone… magari ne riparliamo…Intanto ne approfitto: ci sono regole da seguire per essere sicuri di scrivere correttamente gli OKR? Tra l’altro ho letto anche un tuo bellissimo articolo in merito su Product Heroes.

F.: Sicuramente all’inizio le persone devono buttarsi. Devono sapere già che non scriveranno degli OKR eccelsi, ma va bene così. A volte può succedere che le persone siano spinte a fare tutto in maniera perfetta ma questa spinta interna alla perfezione le blocca. Quindi, il mindset giusto per cominciare è quello di partire e poi, anche con i vari cicli di scrittura, andare ad affinare. Immaginiamo gli OKR come due mattoncini LEGO: da una parte c’è il mattoncino che indica l’outcome da raggiungere, quello che ambisco davvero a fare, dall’altra la o le metriche. Faccio un esempio. Scrivere, “andare tre volte a settimana in palestra” non è un outcome. C’è un un’azione da fare più una sorta di metrica però vai in palestra per qualcos’altro, perché vuoi ridurre il peso, sentirti in forma o altro. Il vero e proprio outcome è, diciamo, da scoprire pian piano quando inizi a scrivere i tuoi KR.

G.: Scusa se ti interrompo Federico, ma nella mia esperienza già il fatto che le persone sappiano distinguere outcome e output non è affatto scontato

F.: si, è vero. Diciamo che l’output è una sorta di azione che fai e che potresti ripetere all’infinito. L’outcome, invece, è ciò che in realtà vuoi davvero raggiungere. Per tornare alle regole di scrittura degli OKR, l’obiettivo non deve essere troppo lungo e non deve necessariamente avere dei numeri. Nel nostro caso potrebbe essere “Avere la miglior forma fisica degli ultimi dieci anni”. Un KR, invece, potrebbe essere “Diminuire il grasso corporeo del 2%” e non “Andare in palestra due volte”. I Key Results, per essere scritti correttamente devono essere Smart, quindi specifici, misurabili, raggiungibili, rilevanti e legati al tempo. Poi ci deve essere soprattuttouna vera e propria responsabilità della persona che opera su quel Key Result, cioè, la persona deve essere in grado di influenzare quel determinato risultato chiave, altrimenti non ha senso. Inoltre, devono esserci delle date, però è molto importante che non siano tutte uguali perché se lo sono o coincidono con la fine del quarter, sinceramente, perdono significato. Altra cosa importante è che devo sapere come ottenere quei numeri, come fare affinché quelle metriche non siano ambigue. Spesso capita di leggere KR dove si dice: “Aumentare la base di utenti di 1000 utenti”. Ok, su quale base? Mensile? Sono utenti ricorrenti? Utenti per la prima volta? Ricordiamoci che gli OKR sono pubblici, aperti a tutti e questo è uno degli aspetti più dirompenti e importanti e significa che il tuo collega può leggere i tuoi o i colleghi di altre aree possono leggere quelli della tua area di riferimento. Di conseguenza, dico sempre di mettersi nei panni degli altri e di evitare ambiguità e acronimi che magari sono conosciuti solo dal tuo team.

Last but not least, anzi forse la regola più importante, è che l’OKR deve superare il test che ho soprannominato del “paradosso”. Devi farti questa domanda: una volta che ho ottenuto quei 3-5 KR, sarò più vicino al mio obiettivo oppure è possibile di no? Se vado in palestra tre volte a settimana, mi avvicinerò a una migliore forma fisica? Non è detto! Magari mi metto a chiacchierare con gli amici!  Il test del paradosso è un test a “prova di proiettile”. Ti faccio un altro esempio che ho usato nel mio articolo che citavi prima.  Immagina che io sia il proprietario di un bar e che volessi far diventare il mio bar il punto di riferimento dei tifosi della squadra locale. Magari come KR scrivo “Proiettare 38 partite all’anno della squadra locale”. Cosa succede se si presentano 0 tifosi al bar? Il KR è raggiunto lo stesso! Ma avendo raggiunto il KR, mi sono avvicinato al mio obiettivo di “diventare il punto di riferimento per i tifosi della squadra locale”? No! Un KR ben scritto dovrebbe tener conto, quindi, dell’outcome. Se raggiungessi una media di 50 spettatori per proiezione, mi avvicinerei al mio obiettivo di far diventare il mio bar il punto di riferimento dei tifosi della squadra locale?  Direi proprio di si! Test superato e il KR è formulato correttamente.

G.: Diciamo che la prova del nove, per capire se abbiamo scritto bene i KR, è rileggerli uno per uno, e poi alla fine chiedersi: “ok se faccio un check e dico questo l’ho raggiunto, questo pure, quest’altro anche, alla fine mi sono avvicinata al mio obiettivo?” Se la risposta è no, c’è qualcosa che non va nei KR e devo riscriverli.

F.: si esatto, e questo fa nascere anche un vero e proprio “dialogo interiore” molto importante che va a scavare su qual è veramente l’outcome perché magari per un maratoneta avere la migliore forma fisica degli ultimi 10 anni significa una cosa, per un’altra persona, con una vision diversa, significa tutt’altro. La tecnica del paradosso ci aiuta a capire se abbiamo indagato a fondo ciò che davvero conta realizzare.

G.: Grazie mille Federico. Ci hai raccontato molte cose utili, chiare e pratiche.  Grazie ancora e soprattutto a presto!

Federico: Grazie a te!

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