L’altro giorno una amica si lamentava di essere stata invitata da uno dei suoi capi ad un “virtual coffe” e si chiedeva quale fosse l’agenda del “meeting”. Non so bene come sia andata a finire, se il capo avesse o meno una cosiddetta hidden agenda o a quale tipo di riunione online stesse facendo riferimento. Certo è che l’episodio mi ha fatto riflettere ancora una volta su quanto, oggi più che mai, sia importante dare spazio e saper ascoltare anche la dimensione più personale dei propri collaboratori e quanto tale pratica sia spesso lontana dalle abitudini di molti manager – e da qui lo stupore dei propri collaboratori.
Non vi è alcun dubbio, infatti, che il remote working stia imponendo un inevitabile ripensamento del classico equilibrio tra orientamento al compito ed orientamento alla relazione.La gestione di un team da remoto richiede una attenzione particolare sia alle dimensioni di rispetto e fiducia che di appartenenza– ovviamente importanti anche in assenza di team distribuiti, ma questa è un’altra storia…Per questo meeting più celebrativi, relazionali – dai virtual happy hour alle breakfast session – diventano essenziali in questi mesi di “lavoro forzato da casa”. Ma del rapporto tra relazione ed obiettivi nel remote working ne parleremo approfonditamente in un altro post.
Torniamo allora al caffè virtuale.
Voglio prendere spunto da questo episodio per accennarvi ad una tipologia molto agile di meeting che consente di promuovere l’engagement dei propri collaboratori, il cosiddetto Lean Coffee (ben lontano dal “coffee meeting” inteso come strumento di networking che tanto impazzava prima del locked down).
Il “Lean Coffe” nasce a Seattle nel 2009 dalla mente di J.Benson e J. Lightsmith. In estrema sintesi si tratta di un incontro strutturato ma senza agenda. Come è possibile?!
Proprio questa sua caratteristica essenziale lo rende particolarmente adatto al momento attuale nonché, più in generale, all’esigenza di favorire una partecipazione più attiva dei propri collaboratori nella definizione delle azioni da svolgere ma soprattutto, ad esempio, nella individuazione di impedimenti e/o relative strategie risolutive.
Ma come può l’assenza di struttura – di una agenda preset – portare ad una dinamica e/o ad un documento finale fortemente strutturato? Può farlo in modo agile.
Spesso quando parliamo di auto-organizzazione molti pensano a parole come destrutturazione o peggio ancora caos. In realtà l’autonomia condivisa, quando portata avanti in modo “strutturato”, genera esattamente l’opposto: chiarezza, trasparenza, efficienza. In altre parole l’auto-organizzazione comporta sempre un elevato standard di organizzazione, pianificazione, monitoraggio, oltre ovviamente alla motivazione.
Nel Lean Coffe l’agenda viene generata democraticamente da tutti i presenti, vale a dire appunto auto-organizzata dal team stesso.Ed è proprio grazie a questo che il livello di engagement e di partecipazione sono elevati. Vediamo allora una sintesi di come funziona (perché ognuno di noi deve sempre adattare alle sue specifiche esigenze tool e metodologie apprese o scoperte).
In linea con quanto accennato all’inizio del post, suggerisco di lasciare i primi cinque minuti di water cooler discussion quindi di iniziare a lavorare su alcuni working agreement fondamentali come ad esempio:
- Individuare un facilitatore per candidatura spontanea oppure a turni alterni
- Concordare la durata totale della riunione
- Definire alcuni cosiddetti ELMO signal (“Enough, let’s move on”) vale a dire segnali che indicano al team che è il caso di andare avanti e non rimanere incastrati nella discussione – ad esempio pollice verso sulle piattaforme online
- Individuare il criterio di voto/prioritizzazione dei temi da discutere.
Ciascun partecipante viene invitato a scrivere gli argomenti che ritiene utile ed opportuno discutere. Può indicarne quanti ne vuole purché li descriva in modo molto semplice, sintetico, con parole auto-esplicative. Per facilitare il processo possiamo disegnare tre colonne sia fisiche che virtuali – ad esempio su una dash board – dove indicheremo: argomenti da trattare, argomenti in discussione, argomenti trattati.
Una volta proposti i temi è il momento di clusterizzarli quindi di votarli così da poterli disporre su una scala di priorità. Nei working agreement potremmo anche decidere di parlare solo dei primi cinque più votati. Se necessario possiamo anche lasciare qualche secondo ai partecipanti per presentare i temi proposti prima che vengano clusterizzati e votati. Ricordiamoci però che per essere agili occorre sempre definire, e soprattutto rispettare, delle time box ben precise. Dopo aver inserito i temi nella prima colonna, la discussione ha inizio. Tenete a mente la classica regola del “parking spot”: una volta che lo scambio tra due o più persone sull’argomento in oggetto diventa troppo lungo, potete “parcheggiare” la discussione e definire quando e come verrà ripresa in un altro momento.
Conclusa la discussione del tema previsto, il team definirà degli action items – altrimenti che lo avete fatto a fare il meeting?! – che andranno condivisi anche in modalità asincrona dopo la riunione. Facciamo sempre seguire una comunicazione differita, asincrona appunto, al termine di qualsiasi tipo di incontro online oppure offline.
Un ultimo suggerimento che mi permetto di offrire indipendentemente dalla tipologia della sessione. Chiediamo ai partecipanti di dare un feedback sul meeting appena concluso. Perché il “buon” manager non è solo colui che sa dare feedback ma anche colui che è pronto a cogliere in ogni input che riceve dai suoi collaboratori una opportunità di cambiamento e di miglioramento continuo, anche personale. Perché spesso più che parlare, dare indicazioni precise di obiettivi e strategie da seguire e fornire feedback, il manager ispira e motiva quando è in grado innanzitutto di agire “da modello”.
Rispondi