LA RIVOLUZIONE COPERNICANA DELL’AGILE

Nel 1962 T.Kuhn scrisse uno splendido libro intitolato “La Struttura delle rivoluzioni scientifiche”. Ricordo una lettura appassionata ed estremamente interessante di diversi anni fa e di cui ringrazio una cara persona. Credo che proprio la definizione di Khunn di “paradigma scientifico” e di come i paradigmi si susseguano nella storia della scienza possa aiutarci a comprendere meglio alcune delle difficoltà incontrate dalla diffusione del mindset agile.Nonostante il successo ampiamente documentato e conseguito dalle aziende agili (non faccio solo riferimento a Spotify, Microsoft, Google, Amazon ma anche a realtà aziendali meno note e più piccole) ad oggi in Italia – e non solo – la mentalità agile infatti ancora fatica ad emergere. Perché? Perché esiste ancora un modello di management di tipo plan and control e fondamentalmente top down?

Perché stiamo appunto parlando di un nuovo paradigma vale a dire di una diversa visione del mondo, dell’essere umano, quindi anche del modo di fare business e di gestire le aziende. Essere, per poi fare agile, significa cioè avere una rappresentazione mentale del mondo diversa che non può che corrispondere anche ad una visione differente del sé e dell’altro.

Alcuni esperti come S. Denning paragonano il mindset agile alla rivoluzione copernicana: in fin dei conti se ancora nel XVII sec la teoria eliocentrica veniva considerata eretica non fu tanto per i “contenuti in se” proposti – vale a dire per aver scoperto che non era il sole a girare attorno alla terra ma viceversa – bensì per le implicazioni filosofiche, religiose, esistenziali della sua teoria.

In questo senso la rivoluzione agile è una rivoluzione copernicanadalle implicazioni in qualche modo analoghe (con le dovute distinzioni!). Basti pensare al mantra del delivery continuo di valore per il cliente talmente tanto centrale nelle aziende agili da orientare e definire ogni processo e decisione. Non è più il cliente a girare intorno alle aziende ma esattamente il contrario. Le organizzazioni agili non sono più auto-centrate. Non solo. Il “make money” diventa uno dei tanti risultati ottenuti attraverso la creazione di valore per il cliente che diventa appunto l’unico obiettivo primario.

Cambiare paradigma non è facile: già è difficile cambiare anche solo punto di vista figuriamoci visione del mondo. 

Nonostante si sia spesso parlato di approcci e metodi rivoluzionari anche nell’ambito del management, di fatto ciò che continua ad imperare è ancora il classico paradigma dello scientifico managementbasato su una visione del mondo in cui il lavoratore va controllato perché poco motivato ed in cui l’obiettivo principale è fare soldi anche grazie ad una minuziosa pianificazione a lungo termine (con la conseguente creazione di una mole considerevole di documenti che nel giro di poco tempo diverranno obsoleti).

Oggi le numerose e frequenti riorganizzazioni aziendali dimostrano come un punto di non ritorno sia ormai vicino. L’innovazione continua è indispensabile e non può essere relegata ai dipartimenti di ricerca e sviluppo. Occorre essere veloci, flessibili, intuitivi, “intimate e frictionless”. Il problema di molte di queste riorganizzazioni destinate a fallire è che non affondano le radici in un paradigma nuovo – agile o meno che sia – cioè in una visione diversa del cliente, delle risorse, del marketplace. 

Resta certo una cosa: prima o poi un nuovo paradigma di management si affermerà in modo definitivo.

Io lo aspetto fiduciosa. E voi?

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